Un tributo alla cultura dei Nativi Americani

A pochi passi dalla sede del Congresso degli Stati Uniti (Capitol Hill), a Washington il 21 settembre è stato aperto al pubblico il National Museum of the American Indian (NMAI), dopo una gestazione durata quasi venti anni. Risale infatti al 1989 il provvedimento -  firmato dall'allora presidente George Bush senior - che ne autorizzava la creazione.

In realtà già a partire dal 1987 alcuni esponenti politici avevano proposto la fondazione di un museo che accogliesse la collezione Heye, la più ampia raccolta al mondo di manufatti e testimonianze dei Nativi Americani, accumulata negli anni dal ricco finanziere George Gustav Heye. Per lungo tempo i suoi oggetti rimasero depositati in un magazzino periferico nel Bronx, a New york, finché all'inizio degli anni '80 iniziarono le discussioni per deciderne la destinazione. La collezione Heye sarebbe alla fine passata in gestione alla Smithsonian Institution: infatti il museo dedicato alla cultura degli Indiani d'America fa parte di un sistema più ampio in cui ricadono 18 musei e il National Zoo.

I lavori di costruzione iniziarono ufficialmente solo nel settembre 1999, dopo un processo di ideazione aperto a intere comunità di Nativi e singoli individui, interpellati per definire le premesse teoriche che avrebbero guidato la progettazione. Il primo risultato tangibile di questo confronto fu il documento intitolato The Way of the People del 1993, che aveva come scopo delineare la sensibilità dei Nativi per incorporarla nella struttura del museo.

L'edificio realizza in effetti il proposito dei curatori. Dal punto di vista formale, grazie al rivestimento in pietra calcarea e al profilo culvilineo, che lo rende simile ad un massiccio roccioso eroso dagli agenti atmosferici, evoca lo stretto legame tra la civiltà degli Indiani d'America e la natura, un tema rimarcato  anche dalla presenza di centinaia di alberi intorno al museo (dei circa 1.8 ettari del lotto, almeno 1,2 sono destinati a giardino) e dalle cosiddette "rocce degli avi" (le "grandfather rocks"), una trentina fra rocce e massi importate dal Canada e incorporate nel paesaggio come una specie di monumento naturale.

L'altro riferimento fondamentale è l'astronomia. Il NMAI è orientato secondo i quattro punti cardinali, come evidenziato da quattro massi diposti nel giardno secondo gli assi nord-sud ed est-ovest (il punto d'incontro di tali assi è invece segnalato da un cerchio di argilla che indica il centro dell'edificio)  e presenta una serie di riferimenti alla volta celeste più o meno immediati: la cupola che sormonta il museo segna i solstizi e gli equinozi sul pavimento circolare che si trova sotto, mentre lo schema della pavimentazione dello spiazzo esterno che precede l'entrata riproduce la configurazione astrale del 28 novembre 1989, data della legge federale che approvava la creazione del museo.

All'interno dell'edificio, che si sviluppa su cinque piani, l'area espositiva copre meno del 30% della superficie disponibile (pari a 23.200 mq): il resto è occupato dall'atrio, da due teatri, da un centro di documentazione, da negozi di souvenir e da una sala da pranzo. L'entrata principale è orientata a est, secondo la consuetudine adottata in molte dimore indiane. I visitatori entrando incontrano il Welcome Wall, uno schermo  su cui vengono proiettate centinaia di parole che, nelle lingue dei diversi popoli Nativi d'America significano "benvenuto".

Nell'atrio, chiamato "Potomac" in onore del fiume che scorre a poca distanza dal museo, otto prismi di cristallo riempiti di liquido e rivolti a sud catturano i raggli del sole e riflettono lo spettro della luce con riflessi iridati. Il Main Theatre, costruito in legno, ricorda una radura nei boschi rischiarata sotto il cielo notturno e comprende un unico corridoio laterale per consentire a chi si esibisce di muoversi dal palco verso il settore destinano al pubblico, compiendo un cerchio completo come in molte danze native. Sempre al piano terra, il Mitsitam Native Foods Cafè (mit-seh-TOM significa "mangiamo") offre ai visitatori l'opportunità di assaggiare la cucina indiana e apprenderne le tecniche, sperimentando ingredienti e aromi.

I setti di rame che compongono la cortina posta intorno alla rotonda principale  sono ricoperti da uno schema solare che ricorda le trame dei cesti e dei tessuti realizzati dai Nativi.

Il Resource Center è un'area pubblica posta al terzo piano a cui i visitatori possono fare riferimento per approfondire la conoscenza dei popoli Nativi e avere informazioni in più su mostre, programmi e collezioni. Al quarto piano invece il Lelawi Theatre, di forma circolare e con 125 posti, prepara i visitatori ai temi che incontreranno durante la visita al museo, attraverso supporti multimediali e proiezioni su schermo.

L'operazione culturale che ha dato luogo al National Museum of the American Indian, cercando di aggirare i luoghi comuni sul popolo dei Nativi e abbandonando i vecchi sistemi di allestimento giocati solo su classificazione ed esposizione di reperti, è stata portata avanti grazie al contributo degli stessi progettisti, per la maggior parte anch'essi discendenti di tribu indiane. Il team, che nella prima fase più concettuale includeva i consulenti Douglas Cardinal (Blackfoot), Johnpaul Jones (Cherokee/Choctaw), Donna House (Navajo/Oneida) e Ramona Sakiestewa (Hopi), è stato ulteriormente sviluppato da Jones, House e Sakiestewa, in collaborazione con altri studi di architettura.

La realizzazione del nuovo museo di Washington ha fornito anche un modello di raccolta di fondi: complessivamente sono stati offerti 100 milioni di dollari da privati, mentre il contributo del governo è stato di 119 milioni. Tre tribu, la Mashantucket Pequot Tribal Nation, la Mohegan Tribe of Indians e la Oneida Indian Nation, tutte proprietarie di remunerativi casinò, hanno donato ognuna dieci milioni di dollari.

Immagini del NMAI:

www.nmai.si.edu/ (sito ufficiale)

www.usatoday.com/travel/gallery/2004-09-10-nmai/flash.htm

http://news.nationalgeographic.com/news/2004/09/photogalleries/american_indian_museum/

 

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