Riforma professioni. L'opinione di 587 architetti

L'Ordine degli Architetti PPC della provincia di Torino interroga i suoi iscritti sulla riforma delle professioni. Un sondaggio online di 10 domande aperto a suoi 6900 architetti.

I temi sono quelli introdotti dalla Manovra di questa estate e destinati a coinvolgere le attività dei professionisti. Concorrenza professionale, ruolo degli Ordini, formazione continua, pubblicità informativa libera e non ultimo il ruolo delle società di professionisti, introdotte dalla legge di stabilità.

Temi caldi, insomma. Alcuni non ancora delineati e in attesa della riforma delle professioni da attuarsi entro agosto (formazione continua, pubblicità e ruolo degli ordini), altri oggetto di dibattito tra i rappresentanti delle professioni e in discussione al Parlamento con la conversione del decreto liberalizzazioni. Tra questi le disposizioni sulla concorrenza e quindi sull'abolizione delle tariffe e sulle società professionali, con la preoccupazione sulla gestione senza limiti da parte del socio di capitale.

Importante, dunque, in un momento in cui le discussioni sono ancora accese e le possibilità decisionali aperte, conoscere cosa ne pensano gli architetti: i diretti interessati.

Ma ecco dalle risposte, come le riforme vengono vissute. Critiche le considerazioni sulla società tra professionisti. Solo il 35% è molto o abbastanza convinto della loro utilità e della positiva presenza del socio finanziatore. Si conferma quindi quello scetticismo degli architetti (in Italia) nei confronti dell'equiparazione alle imprese voluta dalla Comunità Europea: un atteggiamento culturale probabilmente indotto da decenni di abitudine alle tariffe minime.

La maggioranza, insomma, non riesce a vedere nella costituzione di società un possibile vantaggio per la propria competitività e che quindi non la riconosce come uno strumento di cui avvalersi  per ampliare i servizi offerti e gestire conoscenze multidisciplinari ed essere così più forti sul mercato.

Il 54% degli intervistati si dichiara contrario ad ulteriori forme di liberalizzazione. Solo l'11% crede nell'apertura dei mercati e nel rafforzamento della libera concorrenza.

A mettere tutti d'accordo, o quasi, sono le domande relative al ruolo degli Ordini professionali. 33% gli intervistati molto favorevoli e 47% quelli abbastanza favorevoli al potenziamento del ruolo degli Ordini, pochi i favorevoli alla loro abolizione (21%). Si evince nettamente la volontà di valorizzarli, di dar loro maggiore forza, ad esempio accorpandoli a livello regionale, e l'esigenza di ricevere maggiori servizi, che possano anche supportare e proteggere il lavoro dei propri iscritti, promuovere la professione, la formazione e l'informazione sui temi della professione.

E infatti il 79% è contrario alla loro abolizione, e l'87% ritiene non sia giusto dare agli Ordini compiti esclusivamente amministrativi. Nessuna prevalenza, invece, sulla formazione continua, il cui giudizio divide il campione più o meno a metà.

Dispiace solo la scarsa partecipazione. Il sondaggio, pur aperto a tutti gli iscritti all'Ordine di Torino attraverso il sito dell'OAT, non ha riscontrato un'alta adesione. Solo il 9% degli architetti torinesi ha dato risposta. E in pochi hanno commentato. Dispiace perché in una fase delicata come questa, era un momento di confronto, molto semplice e poco impegnativo.

Mancanza di consapevolezza? Disimpegno? Disillusione? Eppure sono in molti che si lamentano di una situazione ormai insostenibile. Evidentemente è più facile contestare che dare risposte. Ma se non ora quando inizieremo a partecipare attivamente e ad esprimere le nostre opinioni nelle sedi opportune così da essere rappresentati degnamente? Fino a quando lasceremo che a rappresentare il nostro disagio siano gruppetti di anonimi populisti urlanti, incapaci di proporre soluzioni?

Per approfondire:

Sondaggio OAT sulla riforma degli ordinamenti professionali. I risultati completi su www.to.archiworld.it

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