Architetti: la professione in Italia nel 2013

3a indagine CSAPPC - Cresme

Gli architetti guadagnano meno: colpa della crisi, di un mercato in costante contrazione e dell'inasprirsi della concorrenza. Il lavoro manca e gli architetti raggiungono quota 150mila, così il rapporto tra investimenti nelle costruzioni e numero di architetti, porta l'Italia agli ultimi posti delle classifiche in Europa. Una delle prospettive per il futuro è guardare ai mercati internazionali. Il Cresme e il Centro Studi Architetti PPC ha così fotografato la condizione degli architetti in Italia nel rapporto annuale 2013. L'indagine immortala la condizione lavorativa degli architetti con un approfondimento sulla situazione dei più giovani e con un confronto con l'Europa, analizza l'andamento del mercato ed indica le opportunità che possono aprirsi all'estero.

L'indagine ha coinvolto 10 ordini provinciali che hanno contribuito alla definizione di un campione statistico poi integrato con il contributo dei numerosi architetti iscritti al portale edilbox. L'indagine è stata arricchita con statistiche demografiche fornite dai singoli ordini provinciali, con lo studio dei dati sui redditi e sui volumi d'affari, le cui fonti sono l'Inarcassa e l'Agenzia delle entrate e completata con le statistiche Almalaurea. I dati nazionali sono stati poi confrontati con quelli raccolti ed analizzati dall'ultima analisi condotta dal Consiglio degli Architetti Europeo nel 2012.

Il numero di architetti e la loro composizione

Gli architetti iscritti all'Ordine In Italia sono oltre 150mila, ovvero 5 ogni 2mila abitanti e rappresentano il 27% degli architetti d'Europa. Un numero molto elevato se si considera che la Germania, secondo paese più popolato di architetti, conta poco più di 100mila unità. Il Regno Unito e la Francia, rispettivamente al 5° e 6° posto ne contano solo 30mila (poco più della somma degli iscritti agli Ordini di Roma e di Milano).

Dal rapporto si scopre inoltre che 40% degli architetti italiani è donna e che la quota è aumentata vertiginosamente negli ultimi anni (era il 31% nel 1998). E' nelle fasce di età più giovani che crescono le "quote rosa": tra le donne, infatti, la percentuale di under 40 raggiunge quasi il 50%, mentre tra i maschi si ferma al 27%. Un trend destinato a crescere ma che non costituisce un primato rispetto alla condizione di altri paesi d'Europa. Sono tante le nazioni in cui la percentuale di architetti donne è ancora più alta, al primo posto la Grecia con il 59% di donne.

Ma gli uomini continuano a guadagnare molto più rispetto alle colleghe. Un fenomeno secondo l'indagine ACE del 2012 non solo italiano, anche se in Italia la divergenza è più marcata. Il guadagno degli architetti europei si attesta intorno ai 31mila euro per gli uomini e ai 22mila euro per le donne. Dunque se in Europa gli uomini guadagnano il 43% in più delle donne, in Italia la percentuale sale al 63%.

La condizione dei giovani

La condizione dei giovani italiani è certamente preoccupante. A 10 anni dal conseguimento del titolo quinquennale il reddito mensile medio netto di un giovane architetto è di circa 1.300 euro, contro una media complessiva di 1.600. E la discrepanza diventa ancora più evidente se il termine di paragone sono gli ingegneri, con un reddito medio di 2.000 euro.

Gli architetti come è prevedibile, iniziano la loro carriera in studi professionali e, nonostante le condizioni lavorative precarie e sottopagate, vi restano molto tempo. Il 73% dei giovani infatti lavora come collaboratore mono-committente o come dipendente con contratti a progetto, prestazioni occasionali o a tempo determinato. E, dopo 7 anni dal titolo il 36% lavora ancora come collaboratore esterno in uno studio di terzi (il 24% in monocommittenza).

Ma veniamo alla retribuzione: oltre il 40% dei collaboratori o dipendenti che lavorano con impegno regolare in studi di architettura guadagna meno di mille euro al mese (il 15% meno di 500), circa il 30% tra 1.000 e 1.500, il 12% tra 1.500 e 2.000 euro.

La crisi economica e il mercato italiano

I problemi più importanti derivano dalla crisi economica e dalla conseguente contrazione del mercato edilizio, che hanno portato, dal 2006 al 2012, alla perdita di quasi un terzo del reddito professionale annuo. Tanto che il guadagno medio annuo di un architetto italiano nel 2012 è di 19.487 euro (al primo posto la Germania con 46.422 euro).

Se i redditi sono così bassi è colpa del mercato e dell'eccessiva concorrenza. Il rapporto tra investimenti nelle costruzioni per architetto, porta infatti l'Italia agli ultimi posti della classifica ampliata all'Europa a 33 paesi, seguita solo da Portogallo, Grecia, Malta, Bosnia e Macedonia. Se la Norvegia in termini di investimenti in costruzioni ha avuto a disposizione nel 2012 più di 12miloni euro per architetto, in Italia questo valore scende a 1,1milioni di euro pro-capite. 

Facendo poi riferimento al solo mercato della progettazione rapportato al numero di architetti, l'indagine dà un'idea precisa del rapporto tra domanda e offerta. In Italia il mercato della progettazione è abbastanza ampio, stimato in circa 20miliardi di euro nel 2012 (in Germania sono 31 e nel Regno Unito 24). La fetta di mercato è dunque importante anche in Italia ma il numero di professionisti in attività riduce, invece, vistosamente gli spazi e le opportunità di ognuno. Il nostro Paese, con appena 133mila euro di mercato potenziale per architetto si posiziona, infatti, all'ultimo posto in Europa. Dove per mercato potenziale si intende  l'intero volume della domanda di servizi di progettazione divisa per il numero di architetti presente in Italia, una porzione di domanda da dividere dunque con le altre categorie professionali. C'è anche da considerare infatti che dell'intera domanda legata i servizi di progettazione, solo il 12-13% viene intercettato dagli architetti, l'altro 87-88% viene suddiviso tra le altre categorie professionali.

Gli architetti italiani devono aprirsi all'Europa. L'internazionalizzazione

Il mercato che si contrae e la crescente concorrenza non possono che spingere gli architetti a guardare con interesse agli altri paesi. Le opportunità in Europa ci sono. Il rapporto indica come possibili mete la Germania, l'Inghilterra, il Belgio (particolarmente favorevole per i giovani architetti), la Francia e L'Europa dell'Est. «Ampi spazi - si legge nel rapporto - sono destinati ad aprirsi in Asia, che non è solo Cina e India, ma anche Turchia, Indonesia, Vietnam, Filippine, Malesia, paesi dove il processo di liberalizzazione nel settore dei servizi prosegue ed è destinato ad accelerare rapidamente».

Anche se ben consapevoli di poter migliorare la propria carriera attraverso esperienze all'esterno, gli architetti italiani tendono a lavorare quasi esclusivamente in patria. Se infatti il 40% pensa seriamente alla possibilità di lavorare all'estero (rapporto ACE), oggi 98,4% del volume d'affari degli architetti italiani è localizzato in Italia. Inoltre solo un architetto su cinque ha dichiarato di avere avuto esperienze di progetti all'estero.

Forse ciò che frena gli architetti italiani ad affrontare i mercati internazionali sono le varie difficoltà: di comunicazione, di logistica, procedurali, organizzative. Vi sono poi problemi burocratici. Il rapporto indica i problemi legati al riconoscimento del titolo professionale, giacché in alcuni casi può essere richiesta l'iscrizione all'albo professionale locale o l'affiliazione con un architetto o uno studio del luogo.

Sono tanti gli aspetti da organizzare: gestire lo studio all'estero insieme a maggiori risorse umane, si tratta di rendere più complessi gli studi e di gestire una organizzazione che diventa più complicata. A ciò si aggiungono altri problemi pratici come le differenti leggi e la diversa organizzazione e gestione dei cantieri. Problematiche che i piccoli studi italiani probabilmente non sono ancora in grado di affrontare e risolvere.

di Mariagrazia Barletta architetto

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