Expo 2015, in acciaio il 69% dei Padiglioni. Il futuro delle opere temporanee

Gli Emirati Arabi utilizzeranno il Padiglione firmato da sir. Norman Foster per l'Expo 2020 di Dubai, la Svizzera trasformerà le torri in serre urbane, l'Ungheria convertirà la sua struttura in sede del Centro Nazionale della Salute e dell'Informazione. In altri casi i materiali, una volta smontati, saranno riciclati.

I riflettori puntati su Expo per sei lunghi mesi vissuti intensamente si sono definitivamente spenti e il bagno di folla quotidiano si è dileguato lasciando il posto al rumore dei cantieri. Il desiderio di tutti ora è quello di far sì che l'area anche in futuro continui a ricoprire un ruolo di eccellenza. Dei fasti di Expo rimarrà solo una manciata di strutture: Palazzo Italia, Cascina Triulza, Passerella Expo - Fiera, Passerella Expo-Merlata, l'Open Air Theatre, l'Albero della Vita, e, forse, Padiglione Zero. Qual è, allora, il futuro delle strutture in acciaio realizzate per l'Esposizione Universale di Milano?

Palazzo Italia, fotografia © Luigi Filetici

L'acciaio è presente nella totalità delle opere permanenti fuori terra: il 70% è stato realizzato interamente in carpenteria metallica e nel restante 30% l'acciaio da carpenteria metallica è comunque in abbinamento al cemento armato e al legno. Maestranze e gru hanno ripreso possesso dell'area, questa volta per svolgere un compito delicato quasi quanto quello della costruzione: smantellare tutte le opere temporanee, entro il 30 giugno 2016.

L'80% del costruito a vista delle opere temporanee di Expo è stato realizzato in acciaio. La scelta non è stata certo casuale, ma frutto di ben ponderate considerazioni: consapevoli della necessità di recuperare il materiale e in alcuni casi gli stessi padiglioni a fine evento, si è deciso di utilizzare un materiale sostenibile, che rispondesse alla riciclabilità e alla necessità di temporaneità, di rapida dismissione e di reversibilità delle opere.

La second life delle opere in acciaio

Sul futuro dei padiglioni dismessi si aprono scenari molto vari. Alcuni Paesi, già in fase di progetto, hanno individuato con precisione l'uso futuro del padiglione, prevedendone il rimpatrio. Altri invece hanno preferito donare il proprio a Paesi in difficoltà, con un uso diverso da quello originale. Altre strutture, per le quali non è stata prevista una destinazione particolare, verranno smantellate e l'acciaio verrà interamente recuperato e riutilizzato con finalità diverse.

Il padiglione degli Emirati Arabi, una volta smontato, verrà rimontato e riutilizzato in occasione della prossima edizione di Expo 2020, a Dubai. Diverso il destino per New Holland: il padiglione sarà infatti ricostruito come showroom altamente innovativo, focalizzato intorno ai principi di riciclo e sostenibilità.

L'Ungheria riutilizzerà il 90% dell'edificio, che andrà ad ospitare il Centro Nazionale della Salute e dell'Informazione. L'Uruguay non ha previsto che il padiglione potesse essere rimontato in patria. Il manufatto resta contrattualmente di proprietà dell'impresa costruttrice. In particolare la struttura metallica sarà ritirata dal costruttore metallico. Particolare, infine, il reimpiego previsto per la Svizzera: le torri saranno infatti recuperate e riutilizzate nelle città svizzere come serre urbane.

Padiglione del Brasile, fotografia: Mosae Studio Lorenzo De Simone

La maggior parte del materiale della Santa Sede, una volta dismesso il padiglione, verrà recuperato e verranno riciclati materiali e componenti, esattamente come per tutti i padiglioni per i quali non è prevista una nuova destinazione d'uso.

Il piano di smantellamento

Il piano di smantellamento delle strutture di Expo presenta un cronoprogramma serrato e vincolante: 1 e 2 novembre riconfigurazione del sito, dal 3 al 17 novembre trasloco, demolizione delle strutture fuori terra dal 18 novembre al 31 marzo 2016, demolizione delle fondazioni rinterri e rimozione impianti dal 1° aprile al 30 maggio. Tutto deve essere svolto nel pieno rispetto dei tempi programmati, tenendo conto che il 30 giugno 2016 scade il diritto di superficie.

Nella fase di smantellamento, la sostenibilità dei materiali e delle procedure gioca un ruolo rilevante. Tra i diktat imposti, il divieto di utilizzare impianti mobili di frantumazione e recupero in sito e aggregati riciclati per riempimenti. È invece stato posto l'accento sulla necessità di ridurre al minimo l'impatto ambientale, recuperando e riciclando i rifiuti, contenendo le emissioni di polveri, le vibrazioni e l'inquinamento acustico. La demolizione deve avvenire infatti secondo un criterio selettivo in grado di garantire la tracciabilità e il recupero della massima quantità possibile di rifiuti, rigorosamente suddivisi per tipologia. È perciò necessario procedere con lo smontaggio preventivo delle componenti riutilizzabili e di tutti i materiali estranei agli inerti. Le opere realizzate in acciaio sono in grado di rispettare tutte queste prescrizioni.

Il ruolo dell'acciaio nel dismantling

L'acciaio è un materiale sostanzialmente "pulito", riciclabile al 100%, riutilizzabile, che grazie ad una costruzione realizzata con montaggio a secco ha un impatto ambientale minimo rispetto ad altri materiali da costruzione. La stessa sostenibilità si rivela anche nelle procedure di smantellamento e quindi riguarda l'intero ciclo di vita del materiale. È questo uno dei motivi che hanno concorso alla scelta dell'acciaio nella maggior parte dei padiglioni realizzati dai Paesi stranieri partecipanti: su 52 Paesi il 69% ha realizzato le strutture del proprio padiglione completamente in acciaio, il 4% in strutture composte acciaio - cls, il 6% in acciaio e altri materiali, il 4% in calcestruzzo prefabbricato e il 17% in legno. Procedendo allo smantellamento delle strutture in acciaio, inoltre, anche la produzione e l'immissione di polveri in atmosfera viene praticamente azzerata.

Cascina Triulza, fotografia: © Metropolitana Milanese

L'acciaio è il materiale più riciclato nel mondo: vengono riciclate 14 tonnellate al secondo. L'Italia è il 1° paese europeo per riciclo di rottame ferroso con una media di circa 20 milioni di tonnellate annue di materiale che viene rifuso nelle acciaierie nazionali. Dopo aver esaurito le proprie funzioni strutturali, il 100% dell'acciaio rottamato viene riciclato (senza perdere alcuna proprietà) e il 99% dei profili (sia piani che lunghi) viene recuperato in quanto facilmente separabile dagli altri materiali. L'acciaio dunque contribuisce direttamente alla conservazione delle risorse naturali.

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