Questa è la storia di 3 ragazzi: un italiano, una greca e uno spagnolo. Il 16 giugno scorso si sono incontrati ad Atene per iniziare un giro del mondo in 40 giorni che avrebbe toccato 3 continenti, 15 città per un totale di oltre 100 architetture: è partita così la seconda edizione del Renzo Piano World Tour 2018, ideato dalla Fondazione Renzo Piano, con la Stavros Niarchos Foundation di Atene e con la Fundación Botín di Santander in collaborazione con ProViaggiArchitettura.

Siamo arrivati a Genova per accogliere Ioanna, Thomas e Ricardo al loro arrivo, accompagnarli il giorno seguente all'incontro con Renzo Piano e tirare insieme le somme di quella che è stata sicuramente una delle esperienze più interessanti del loro percorso di formazione.

Non una vera e propria intervista bensì una chiacchierata dopo un lungo viaggio: da parte mia la curiosità di ascoltare i loro racconti, dalla loro l'entusiasmo e la voglia di renderci partecipi di ciò che hanno vissuto.

RPWT40days | 39° giorno a Genova: Ioanna, Thomas, Elisa e Ricardo

Genova, 24 luglio 2018, h. 19:00

L'appuntamento fissato è al Porto, ma da qui ci spostiamo verso il centro della città.

Abbiamo conosciuto i 3 ragazzi attraverso disegni, pensieri e fotografie postate quotidianamente sulla pagina ufficiale del Premio. Ma chi sono Thomas, Ioanna e Ricardo al di fuori del Renzo Piano World Tour?

Iniziamo da Ioanna, la più piccola del gruppo. Ha solo 24 anni, ma oltre alla Grecia, dov'è nata, cresciuta e si è laureata presso la School of Architecture, National Technical University di Atene, ha già vissuto a Parigi e Barcellona per poi trasferirsi in Svizzera dove tutt'ora frequenta l'ETH di Zurigo. Ama disegnare con gli acquerelli, attitudine personale messa in pratica durante l'Università, è affascinata da arte e musei, non sopporta le cose superficiali come i selfie, preferisce scattare fotografie con la sua inseparabile Nikon.

Ricardo, 25 anni, spagnolo doc di Madrid. Amante del viaggio quanto legato alla sua città, dinamico e determinato, estremamente attento al dettaglio tecnico che riporta in maniera meticolosa sul suo taccuino sotto forma di sketch e prospettiva. Dopo una prima selezione e un lungo colloquio, per l'Universidad Politecnica di Madrid è lui il candidato ideale per questo viaggio. Nonostante la giovane età, anche lui ha già vissuto esperienze estere, vivendo due anni a Chicago, prima per motivi di studio, poi per lavoro.

Thomas, 34 anni, italiano e, possiamo dire, il saggio del gruppo. Delle architetture sulla mappa non ne ha persa neanche una, camminando per una media di 25 km al giorno. Architetto, laureato a Torino, ha frequentato il Master Forme dell'Abitare Contemporaneo presso l'Università di Padova, e proprio grazie alla sua tesi di rigenerazione di un piccolo centro mediante l'inserimento di piccole architetture d'aggregazione, si è aggiudicato la borsa per il viaggio.

Tre ragazzi dal differente background ma dai tratti complementari, sognatori con i piedi per terra, partiti pieni di aspettative con la voglia di esplorare il mondo per arricchire il proprio bagaglio culturale. Sono tornati più carichi di prima, nonostante la stanchezza e le ore di sonno perse tra un volo e l'altro. Raccontano di loro, dell'euforia dopo aver scoperto di aver vinto la borsa, ma anche della difficoltà e un po' di paura nel lasciare i progetti che stavano portando avanti, i dubbi su come comunicare al lavoro e all'università l'imminente partenza. Solo Ricardo era già stato negli USA, per Ioanna e Thomas, invece, questa è la prima volta in assoluto.

Scoprire il mondo attraverso le architetture

"Il viaggio come un'importante occasione di scoperta e di studio del mondo dell'Architettura e della Costruzione" afferma l'architetto Milly Rossato Piano, nella recentissima pubblicazione di Lettera22, Renzo Piano World Tour 01, (il racconto di Silvia Pellizzari, vincitrice della scorsa edizione).

Ce lo confermano infatti i tre ragazzi, raccontando come lo studio sui testi universitari non sia riuscito a trasmettere la complessità e allo stesso tempo l'organicità di edifici simbolo come l'Exeter Library di Luis Kahn o il Guggenheim Museum di Frank Lloyd Wright.

"Visitare gli edifici costruiti consente di vivere l'emozione che può trasmettere un'architettura. Permette di valutarne il valore e di capire se il progetto ha saputo cogliere e interpretare il contesto urbanistico, storico e sociale, se gli spazi sono felicemente vissuti dal pubblico e se i dettagli costruttivi sono interessanti e ben eseguiti. E poi il passaggio attraverso gli spazi rende possibile misurarne le proporzioni, coglierne la magia della luce, la qualità dei materiali impiegati".

Cosa imparare dalle architetture di RPBW

Al di là della bellezza, le suggestioni emerse visitando le numerose opere di Renzo Piano sono molteplici: ognuno ha la sua architettura preferita.

Per Ioanna è il recente Harvard Art Museum a Cambridge, Massachusetts (USA) con struttura in cemento e copertura in vetro.

Thomas è affascinato dall'Astrup Fearnley di Oslo inaugurato nel 2012, nel quale il rapporto tra l'acqua e il costruito (ricorrente nelle opere di RPBW) è portato all'estremo. La fusione tra esterno e interno riesce perfettamente, essendo il museo attraversato dal mare stesso; un grande tetto ricurvo di vetro formato da tre vele, inonda di luce l'interno, mentre le colonne di acciaio ricordano gli alberi delle infinite barche che vi passano davanti.

Ricardo torna invece alle origini, citando il Centre George Pompidou di Parigi, esemplare per la grandezza dell'intervento, allora motivo di shock per la città, ormai edificio iconico e architettura intramontabile, un progetto che Renzo Piano stesso definì "una doppia provocazione: sfida all'accademicismo ma al tempo stesso una parodia dell'immaginario tecnologico del nostro tempo".

Gli insegnamenti di Piano attraverso le sue architetture sono infiniti, dalla capacità di accostarsi "in punta di piedi" a un capolavoro come il Kimbell Museum di Louis Kahn, aggiungendo valore senza nessun tentativo di entrarvi in competizione, facendo attenzione a proporzioni e direzionalità; la permeabilità delle sue architetture al piano terra, aspetto assai poco scontato in grandi metropoli come New York e Chicago e la capacità di relazionarsi con un tessuto urbano circostante complesso e consolidato come nel caso del recentissimo Palais de Justice parigino o il grattacielo del New York Times. E ancora la cura del dettaglio evidente in ogni suo progetto, come nella Fundacion Botìn a Santander o la Menil Collection a Houston, l'utilizzo dei materiali, "sempre di prima scelta", spesso importati direttamente dal luogo d'origine. Inoltre, la costante attenzione verso l'innovazione, la ricerca di nuovi strumenti per catturare la luce e controllare la temperatura, come nella nuova sede del Whitney Museum inaugurata nel 2015 a Manhattan (all'estremità dell'High Line) che l'ha portato ad essere uno tra i primi musei a New York ad ottenere la certificazione LEED.

Altro aspetto molto importante riscontrabile in tutte le architetture di Piano è la centralità dell'uomo all'interno del progetto, posto come il primo degli obiettivi: che sia un museo, un teatro, un edificio residenziale. L'obiettivo del RPBW è sempre la vita quotidiana del fruitore.

Cosa resterà di questo viaggio

Nella memoria dei ragazzi resteranno migliaia di fotogrammi, pronti a saltare fuori al momento giusto come soluzione a un problema o supporto all'idea, la capacità di fare confronti critici ed elaborare nuove strategie progettuali a partire dal contesto urbanizzato, i taccuini stracolmi di appunti e di schizzi, i colori della natura incontaminata australiana. Ma resteranno anche i volti delle persone, così differenti tra quelli nella quiete della Nuova Caledonia e quelli nel caos di New York o Chicago.

E resterà l'emozione (anche la mia!) di aver scambiato qualche battuta con Renzo Piano all'interno del suo suggestivo studio vista mare di Genova, di aver potuto ascoltare in maniera diretta le parole frutto della sua saggezza, un orgoglio italiano continua fonte di ispirazione non solo per i capolavori architettonici, ma soprattutto per la capacità di infondere ancora speranza nei giovani, nonostante il panorama così difficile quale quello che stiamo vivendo.

"Insomma 40 giorni di viaggio, come in mongolfiera! E allora? Bene! Continuiamo così!" R.P. (foto © Elisa Scapicchio)

di Elisa Scapicchio

Come trasferire la propria esperienza personale? Nella tradizione Shinto, per trasmettere la tecnica costruttiva e la capacità artigianale, il tempio va demolito e ricostruito identico ogni 20 anni. Questo lasso di tempo permette di far incontrare nello stesso cantiere tre generazioni: la più anziana che forma il nucleo degli "insegnanti", quella di mezzo che, avendo appreso la tecnica, è la generazione che esegue la nuova costruzione "a regola d'arte" e la più giovane costituita dai giovani che guardano e imparano.
Renzo Piano trova la risposta alla sua domanda durante la cerimonia di ricostruzione del tempio di Ise in Giappone. Nasce così l'esperienza della Fondazione Renzo Piano.

L'impegno di Renzo Piano e i giovani attraverso la Fondazione
Dal 2004 la Fondazione Renzo Piano, oltre alle attività di archiviazione e divulgazione dei progetti elaborati in più di 40 anni di attività, è promotrice di numerose iniziative dedicate ai giovani progettisti. Una delle più care a Renzo Piano è "accogliergli a bottega". Fortemente convinto che la conoscenza e il metodo progettuale si trasferisce al meglio attraverso l'esempio pratico e il coinvolgimento, la Fondazione supporta e ospita ogni anno una selezione di studenti provenienti dalle facoltà di architettura di tutto il mondo che hanno così modo di "apprendere" per sei mesi presso gli uffici Renzo Piano Building Workshop di Genova e Parigi il mestiere e la bellezza della professione di architetto.

#RPWT.2018 - Renzo Piano World Tour Award 2018

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