Consulenze gratuite per la Pa: dopo la sentenza del Tar Lazio la questione finisce in Parlamento

I ministri dell'Economia e della Giustizia chiamati a rispondere ad un'interrogazione presentata al Senato

Se la consulenza è occasionale e si basa su regole non rigide, allora è legittimo che la pubblica amministrazione non corrisponda alcun compenso al professionista, specie se per il consulente può derivarne un arricchimento professionale. E, a nulla valgono le regole sull'equo compenso: perché se il compenso in denaro non è stabilito, allora non si può neanche pretendere che sia equo.

Questa la conclusione a cui è arrivato il Tar Lazio con la sentenza-shock numero 11411 depositata il 30 settembre, chiamato a pronunciarsi riguardo ad un avviso pubblico di febbraio 2019, con il quale il ministero dell'Economia intendeva cercare professionalità altamente qualificate alle quali conferire incarichi di consulenza a titolo gratuito. Gli incarichi riguardavano il diritto nazionale ed europeo societario, bancario e dei mercati, in vista dell'adozione o integrazione di norme.

Ora sulla questione sono chiamati a pronunciarsi i ministri dell'Economia e della Giustizia. Lo scorso 9 ottobre infatti i senatori De Bertoldi (FdI) e Ciriani (FdI) hanno presentato un'interrogazione parlamentare per chiedere delucidazioni ai due dicasteri.

Da colmare un vuoto normativo

«Le motivazioni espresse dal Tar del Lazio - a giudizio dei due senatori - appaiono ambigue e delineano un quadro giuridico nebuloso, evidenziando tra l'altro un vuoto normativo», con il quale «si rischia di alimentare confusione e difficoltà nello svolgimento dell'attività lavorativa professionale, anche con riferimento all'istituto dell'equo compenso, nonché ai criteri stabiliti per l'affidamento delle consulenze ai professionisti previste a titolo gratuito, in considerazione del fatto che il bando relativo ad incarichi gratuiti non costituisce un'opportunità lavorativa».

«A parere degli interroganti, inoltre, la parola "consulenza gratuita", anche se richiamata nel bando, non è da intendersi come rapporto di lavoro o fornitura di un servizio professionale che come tale sarebbe regolato dalle procedure del codice degli appalti», si legge nell'interrogazione.

I ministri sono invitati a rispondere riguardo «al quadro normativo confuso ed ambiguo» che si viene a delineare in seguito alla sentenza, «in quanto - affermano i senatori - i criteri descritti potrebbero creare delle crepe non indifferenti al concetto stesso di incarico professionale».

Infine ai ministri viene chiesto «quali iniziative di competenza intendano intraprendere, al fine di stabilire un sistema di regole più chiare, anche attraverso un intervento legislativo ad hoc, in grado di stabilire in via definitiva che l'affidamento di servizi a titolo gratuito si configura come un contratto a titolo oneroso e, quindi, soggetto alla disciplina del codice dei contratti pubblici, come peraltro già espresso dal Consiglio di Stato nel 2017».

Si attendono ora le risposte dei ministri.

Comodo (Fondazione Inarcassa): «Sentenza pericolosa, segnale importante che la questione sia giunta all'attenzione del Parlamento»

«È un segnale importante che la questione sollevata dai giudici del Tribunale Amministrativo del Lazio sia giunta all'attenzione del Parlamento, del Ministro della Giustizia e del Mef con una interrogazione presentata al Senato. Il valore economico della prestazione professionale non solo è garante della difesa della dignità dei liberi professionisti ma anche della qualità dei servizi erogati ai cittadini e per nessun motivo il principio dell'equo compenso può essere messo in discussione». È negativo il giudizio del presidente di Fondazione Inarcassa, Egidio Comodo, sul pronunciamento del Tar del Lazio.

 «Siamo stupiti - continua - della decisione di legittimare la gratuità del lavoro svolto da parte di migliaia di tecnici. Una sentenza pericolosa che va a ledere i diritti dei professionisti e che non possiamo accettare perché per ogni traguardo in tema di equo compenso - principio adottato ormai da moltissime leggi regionali - sembra esserci un passo indietro della giurisprudenza e questo non è tollerabile. Auspichiamo pertanto, che sia stabilito al più presto un sistema di regole più chiare e che si proceda ad una revisione di questa decisione, a noi incomprensibile, così da ridare piena legittimità al lavoro dei liberi professionisti».

di Mariagrazia Barletta

pubblicato il: