ANAC, dai bandi "sartoriali" ai "cartelli": ecco dove si annida il malaffare in Italia

Il report sulla corruzione in Italia pubblicato dall'Authority in riferimento agli anni 2016-19

Il settore degli appalti pubblici è quello a maggior rischio di corruzione, a seguire: il comparto del ciclo dei rifiuti e quello sanitario. Tra le illegittimità gravi e ripetute nel settore dei contratti pubblici figurano il ricorso all'affidamento diretto dove non consentito, l'abuso della procedura di somma urgenza, le gare mandate deserte, i ribassi anomali e i bandi con assegnazione pilotata. 

È quanto emerge dal report sulla corruzione in Italia pubblicato dall'Anac in riferimento agli anni 2016-19. In particolare, con il supporto del personale della Guardia di Finanza impiegato presso l'Anac, sono stati analizzati i provvedimenti emessi dall'Autorità giudiziaria nell'ultimo triennio. «Grazie alle informazioni raccolte - si legge nel documento-, l'Autorità ha potuto redigere un quadro dettagliato, benché non scientifico né esaustivo, delle vicende corruttive in termini di dislocazione geografica, contropartite, enti, settori e soggetti coinvolti».

Un arresto ogni 10 giorni; un provvedimento a settimana da parte della magistratura

«Fra agosto 2016 e agosto 2019 sono state 117 le ordinanze di custodia cautelare per corruzione spiccate dall'Autorità giudiziaria in Italia e correlate in qualche modo al settore degli appalti: esemplificando è quindi possibile affermare che sono stati eseguiti arresti ogni 10 giorni circa. Si tratta in ogni caso di una approssimazione per difetto rispetto al totale, poiché ordinanze che ictu oculi non rientravano nel perimetro di competenza dell'Anac non sono state acquisite. In linea con questa cadenza temporale sono anche i casi di corruzione emersi analizzando i provvedimenti della magistratura: 152, ovvero uno a settimana (solo a considerare quelli scoperti)».

Ricorso alle procedure di gara anche per importi più alti per non destare sospetti

Delle 113 vicende corruttive solo 20 hanno riguardato gli affidamenti diretti (18%), in tutti i restanti casi si è trattato di procedure di gara. Come si spiega? «Ciò - spiega ancora l'Anac nella relazione - lascia presupporre l'esistenza di una certa raffinatezza criminale nell'adeguarsi alle modalità di scelta del contraente imposte dalla legge per le commesse di maggiore importo, evitando sistemi (quali appunto l'assegnazione diretta) che in misura maggiore possono destare sospetti».

Strategie illecite in base all'importo

Per appalti di importo particolarmente elevato, «prevalgono i meccanismi di turnazione fra le aziende e i cartelli veri e propri (resi evidenti anche dai ribassi minimi rispetto alla base d'asta, molto al di sotto della media); per le commesse di minore entità si assiste invece al coinvolgimento e condizionamento dei livelli bassi dell'amministrazione (ad es. il direttore dei lavori) per intervenire anche solo a livello di svolgimento dell'attività appaltata».

Tra le illegittimità gravi e ripetute in materia di appalti pubblici, il report annovera gli affidamenti diretti ove non consentito, l'abuso della procedura di somma urgenza, le gare mandate deserte, i ribassi anomali, i bandi con requisiti funzionali all'assegnazione pilotata,  la presentazione di offerte plurime riconducibili ad un unico centro di interesse.

La Sicilia prima per episodi di corruzione

«Dal punto di vista numerico, spicca il dato relativo alla Sicilia, dove nel triennio sono stati registrati 28 episodi di corruzione (18,4% del totale) quasi quanti se ne sono verificati in tutte le regioni del Nord (29 nel loro insieme). A seguire, il Lazio (con 22 casi), la Campania (20), la Puglia (16) e la Calabria (14)».

«Il 74% delle vicende (113 casi) ha riguardato l'assegnazione di appalti pubblici, a conferma della rilevanza del settore e degli interessi illeciti a esso legati per via dell'ingente volume economico (tab. 2). Il restante 26%, per un totale di 39 casi, è composto da ambiti di ulteriore tipo (procedure concorsuali, procedimenti amministrativi, concessioni edilizie, corruzione in atti giudiziari, ecc.)».

La corruzione è «persistente, nonostante sia scomparsa dal dibattito pubblico»

«La corruzione, benché all'apparenza scomparsa dal dibattito pubblico, rappresenta un fenomeno radicato e persistente, verso il quale tenere costantemente alta l'attenzione», si legge nel documento.

La repressione è solo una delle armi da sfoderare per combattere la corruzione, ma ne servono anche altre, afferma l'Anac, come dimostra il numero esiguo di casi scoperti rispetto a quanto si conosce in letteratura. Le forme di corruzione sono talmente variegate che occorre «un'azione combinata di strumenti preventivi e repressivi, che possano operare secondo comuni linee di coordinamento ed integrazione». In pratica, bisogna rafforzare molto la prevenzione.

«Occorre rilevare che l'Italia non è affatto all'"anno zero"; al contrario, come testimoniano plurimi segnali, negli ultimi anni i progressi sono stati molteplici», scrive l'Authority. «I riconoscimenti ricevuti dall'Italia in tema di prevenzione della corruzione, numerosi e per nulla scontati, sono stati rilasciati dai più autorevoli organismi internazionali: Onu, Commissione europea, Ocse Consiglio d'Europa, Osce, solo per citare i principali».

L'Authority cita, come fatto positivo, ad esempio «la diffusione fra le amministrazioni dell'istituto della vigilanza collaborativa, che consente di sottoporre la documentazione di gara al vaglio preventivo dell'Anac». Questa «ha consentito lo svolgimento di grandi eventi e di bandire appalti di particolare entità senza le infiltrazioni mafiose e criminali che hanno costellato il passato recente».

Oggi la corruzione è «pulviscolare»

Come dimensioni non siamo più ai tempi di Tangentopoli, afferma l'Anticorruzione, ma «ciò non significa affatto che la corruzione pulviscolare di oggi non sia pericolosa: spesso la funzione è svenduta per poche centinaia di euro e ciò, unitamente alla facilità con cui ci si mette a disposizione, consente una forte capacità di penetrazione al malaffare. È in ogni caso innegabile che per molti versi essa sia più agevole da aggredire rispetto ai primi anni Novanta, non regolando più la vita pubblica ma essendo espressione di singoli gruppi di potere (le cd. cricche) o di realtà economiche alternative e talvolta persino antagoniste alla vita delle istituzioni».

«È una sfida impegnativa e di lunga durata, nei confronti della quale - conclude l'Authority - non è consentito deflettere e che, come avvenuto col crimine organizzato nell'ultimo quarto di secolo, può avere senz'altro speranze di successo, quanto meno nel senso di un considerevole ridimensionamento del fenomeno».

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