Pietra tombale sulle cessioni, Istat: «Crediti pagabili, con Superbonus peggiora il deficit/Pil»

Ministero dell'Economia: «Misure non replicabili»

di Mariagrazia Barletta

Se qualcuno poteva ancora sperare sulla possibilità che venissero riportati in vita i meccanismi della cessione e dello sconto in fattura, ci pensa l'Istat, dopo l'Eurostat, ma soprattutto dopo il Dl Crediti, a mettere una pietra tombale sull'argomento. L'Istituto di statistica ha infatti pubblicato l'atteso rapporto Pil e indebitamento. Atteso perché dice, in seguito alle indicazioni metodologiche pubblicate con l'edizione 2022 del Manual on Government Deficit and Debt da Eurostat, qual è il trattamento contabile che lo Stato deve riservare ai crediti d'imposta generati dai bonus edilizi.

Istat recepisce quanto aveva detto Eurostat, che, analizzando tre caratteristiche dei crediti da bonus edilizi: trasferibilità a terzi, utilizzo differito nel tempo e utilizzo in compensazione con altri debiti fiscali e contributivi, li classifica come «pagabili». Dunque, essendo «pagabili» incidono negativamente sul deficit e, di conseguenza sul rapporto tra deficit e Pil che viene rivisto dall'Istat per gli anni 2020-2022. Il rapporto deficit/Pil, rispetto alla stima del 5,6% (Nadef) passa all'8% nel 2022. Peggioramenti si registrano anche per il biennio precedente con il passaggio da 7,2 a 9% nel 2021 e da 9,5 a 9,7 nel 2020.

Il rapporto Istat

Ma, al di là delle percentuali, l'Istat sta dicendo che i crediti fiscali vanno contabilizzati dallo Stato a deficit negli anni in cui sono stati generati e non "spalmati" nei cinque anni. Come spiega Istat: il credito «deve essere registrato come spesa delle Amministrazioni pubbliche, per un ammontare pari all'intero importo maturato, nell'anno di sostenimento della spesa agevolata». Ciò che cambia è l'impatto dei crediti nel tempo: «quando la misura è classificata "non pagabile" - spiega sempre l'Istat -, l'impatto è diluito negli anni di utilizzo del credito fiscale; quando la misura è classificata "pagabile", l'impatto sull'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche si concentra invece esclusivamente nel primo anno».

E, alla luce del nuovo quadro interpretativo e a seguito dell'esito degli approfondimenti metodologici condotti congiuntamente da Istat e Eurostat, è quindi mutato il trattamento contabile del "Superbonus 110%" e del cosiddetto "Bonus facciate" a partire dall'anno di stima 2020. «Entrambi i crediti di imposta - afferma l'Istat - sono ora classificati come crediti di imposta di tipo "pagabili", e registrati nel conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche come spese per l'intero ammontare, coerentemente con il momento di registrazione», «ossia nel momento di sostenimento della spesa di investimento agevolata».

«Nelle precedenti stime, entrambe le agevolazioni erano state classificate come crediti di imposta di tipo "non pagabili" ed erano quindi registrate come minor gettito nell'anno di utilizzo del credito (quindi, come minore entrata tributaria)». Semplificando, questo passaggio da «pagabile» a «non pagabile» è determinato proprio dai meccanismi dello sconto in fattura e cessione del credito. 

Insomma, per i conti pubblici si tratta di contabilizzare i crediti subito anziché scontarli in cinque anni. E, avendo tale meccanismo inciso parecchio sulla spesa pubblica degli ultimi anni, è impossibile che vi sia qualche apertura verso un dietrofront del governo. Difatti, subito dopo la pubblicazione del rapporto Istat non è mancata la risposta del ministero dell'Economia, affidata all'Ansa. «Il governo con trasparenza, coerenza e responsabilità - riporta l'Agenzia - è impegnato ad assicurare un'uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme».

Fulminea anche la replica dei costruttori. «I pareri di Istat e Eurostat hanno chiarito una volta per tutte che i crediti derivanti dai bonus edilizi sono già stati contabilizzati nel bilancio dello Stato e quindi, come sosteniamo da tempo, possono e devono essere pagati subito alle famiglie e alle imprese dell'edilizia», afferma la presidente Ance, Federica Brancaccio.

«Quelle stesse imprese - prosegue - che, come certifica l'Istat, hanno trainato il Pil del 2021 e del 2022 (+20,7% e +10,2% il valore aggiunto delle costruzioni nei due anni) e che se messe in condizioni di operare possono fornire un apporto determinante anche alla crescita del 2023».

«Si tratta di numeri che fanno ben comprendere il valore e il peso del settore delle costruzioni per la tenuta socio economica del Paese. Per questo emerge con ancora più forza - conclude Brancaccio - la necessità di risolvere il problema della liquidità delle imprese e delle famiglie così da non vanificare lo sforzo che è stato fatto per spingere l'economia».

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